IL METODO MEZIERES

Nascita del metodo

Il metodo Mézières nasce nel 1947, in seguito all’osservazione di una paziente affetta da ipercifosi e da una grave periartrite scapolo-omerale bilaterale che limitava qualsiasi movimento degli arti superiori e le impediva di compiere i normali gesti della vita quotidiana.

La Mézières mise la paziente in decubito supino e premendo sulle spalle per correggere l’anteposizione vide immediatamente comparire una accentuata iperlordosi lombare.

Tentò di correggerla portando gli arti inferiori flessi della paziente verso il petto per posizionare il bacino in retroversione, constatando che l’iperlordosi lombare veniva annullata, ma aumentava la lordosi cervicale al punto che la paziente non riusciva più ad avvicinare il mento al torace tanto il capo era rovesciato indietro.

Volle ripetere questo lavoro diverse volte ma il risultato non cambiava; in seguito a questa osservazione la Mézières pose le basi del suo metodo:

1) I numerosi muscoli dorsali essendo organizzati catene muscolari in si comportano come un unico muscolo;

2) Questi muscoli sono troppo forti e troppo corti;

3) Qualsiasi azione localizzata sia in allungamento che in accorciamento provoca istantaneamente l’accorciamento dell’insieme della muscolatura;

Per eliminare i compensi la Mézières fece portare alla paziente le gambe a squadra; questa postura impediva i compensi ma evidenziava che:

4) Qualsiasi impedimento all’allungamento provoca istantaneamente delle lateroflessioni e delle rotazioni del rachide e degli arti;

5) L’allungamento, la derotazione, il dolore, qualsiasi sforzo da parte del paziente provoca un blocco respiratorio in inspirazione.  

Il biotipo di riferimento

Secondo il pensiero di F.Mézières l’uomo possiede una forma intrinseca potenzialmente perfetta e tutti gli allontanamenti da questa forma ideale sono la manifestazione di disequilibri posturali in atto che porteranno inevitabilmente alla comparsa di fenomeni patologici visti non più come accidentali, ma come il risultato dei disequilibri protratti nel tempo. Ognuno di noi ha piccole anomalie strutturali, pertanto il biotipo di riferimento va visto appunto come modello di riferimento, e non come un frustrante e irraggiungibile modello di perfezione.

 La differenza tra il metodo Mézières e l’Antiginnastica

Il metodo Mézières indirizzato al trattamento delle patologie di maggior gravità; il terapista effettua, sempre in seduta individuale, una messa in tensione rigorosa e precisa delle catene muscolari del paziente, eliminando nei limiti del possibile qualsiasi compensazione.

L’Antiginnastica è un lavoro di prevenzione che si indirizza tutti e si pratica in gruppo. Nel corso della seduta, ognuno individua da sé i propri blocchi muscolari e le proprie inibizioni, ritrovandone le origini nella propria storia personale. L’intelligenza, l’emozione, il corpo non sono mai separati. E formano un tutto indissolubile.

 

ELEMENTI DI TEORIA FASCIALE

Generalità

Anatomicamente, il termine “Fascia” designa una membrana di tessuto connettivo fibroso di protezione di un organo (fascia periesofagea, fascia peri- e intra-esofagea, fascia endocardica, fascia parietale) e viene anche impiegato per i tessuti connettivi di nutrizione: fascia superficiale, fascia propria.

Ma il termine “Fascia” che ci interessa è stato coniato dagli osteopati, che sono stati tra i primi a parlare di “globalità”. Il termine“Fascia” non sta ad indicare un’entità fisiologica, ma un insieme membranoso molto esteso, in cui tutto è legato, tutto è in continuità, come una entità funzionale. Questo insieme tissutale, costituito da una grande “rete” che riveste, sostiene, e collega tutti gli apparati e sistemi corporei fa sì che la minima tensione, che sia attiva o passiva, si ripercuota su tutto l’insieme.

Il tessuto connettivo rappresenta praticamente il 70% dei tessuti umani. Comunque si chiami, la sua struttura di base è sempre la stessa. Fra un osso e un’aponeurosi, ad esempio, non c’è differenza fondamentale. Sono diverse solo la suddivisione degli elementi costituenti e le sostanze contenute nella matrice extracellulare.

Aponeurosi, tendini, legamenti, lamine fibrose, capsule, ecc., rappresentano quindi un solo sistema inglobato sotto il nome “Fascia”.

 Il connettivo deriva da quella parte del tessuto embrionale denominata mesoderma che si differenzia precocemente, assieme all’ectoderma e all’endoderma, dall’uovo fecondato. Il mesenchima, una suddivisione del mesoderma, genera ossa, muscoli, legamenti, cartilagini, tendini e fascia, ogni parte deputata alla mobilità e alla statica nel corpo umano.

Benchè sia le ossa, sia le cartilagini, il sangue e la linfa siano tessuti connettivi, ciò che a noi interessa in particolare è il connettivo propriamente detto, cioè quel tessuto, diffuso in tutto l’organismo, che ha un ruolo di sostegno, connessione, protezione, nutrimento e riempimento. Esso ha la prerogativa di adattarsi alle varie funzioni che si rendono necessarie all’economia del corpo, così nelle parti dove c’è una sollecitazione tensionale esso moltiplica e allinea le sue parti fibrose divenendo più rigido e originando i legamenti, i tendini, le aponeurosi, oppure in altre zone è più elastico, assolvendo importanti funzioni quali l’accumulo di grassi e la regolazione del metabolismo dei fluidi. Esso avvolge, comunque i muscoli e gli organi, le ossa, i nervi, i vasi sanguigni, in una specie di rete protettiva che interpenetra tutto l’organismo e che permette da una parte, attraverso la sua fluidità, l’abolizione degli attriti e dall’altra, per la sua coesione, un contenimento direzionale del movimento. Questa rete è denominata fascia.

Possiamo, per maggior chiarezza, immaginare ogni fibra muscolare avvolta da una guaina sottile ed elastica: ogni fascio di fibre è a sua volta avvolto dalla propria guaina; il muscolo stesso da una guaina più grande che prosegue in altre guaine le quali connettono e separano ogni unità funzionale del corpo.

La fascia, forse per la sua trasparenza e la sua caratteristica di sostegno, è rimasta piuttosto sullo sfondo rispetto ad altri componenti più attivi quali gli organi, i muscoli, il sistema nervoso. In realtà, un cambiamento di pensiero sta avvenendo da qualche decennio e alcuni studiosi, in particolare la scuola osteopatica, cominciano a considerare il sistema fasciale come un vero e proprio organo, che assolve importanti funzioni.

Una di queste è quella di “cuore periferico”, consistente nel favorire il ritorno del flusso sanguigno e linfatico, il quale avverrebbe più  in virtù dell’elasticità e mobilità continua delle fasce che per le contrazioni dei muscoli.

Il tessuto connettivo costituirebbe, inoltre, l’agente principale della circolazione fluidica intratissulare del corpo che, ricordiamo, è composto per circa l’80% di acqua.

Esso sarebbe anche il motore primo della circolazione del liquido cefalo-rachidiano all’interno della dura madre in quella ritmica pulsazione che gli osteopati definiscono Respiro Primario.

La coordinazione motoria avverrebbe attraverso l’agente meccanico principale della fascia, alla quale il cervello non invierebbe che un minimo di impulsi su muscoli starter, propagati e sincronizzati attraverso archi riflessi innescati dalla tensione fasciale.

 

TENSOINTEGRITÀ, FONDAMENTI

Siamo abituati a credere che il corpo si tenga in piedi grazie all’apparato scheletrico e che i muscoli, come delle molle, lo sostengano e muovano nello spazio. In realtà, il principale agente antigravitario è proprio il connettivo. Esso permette ai muscoli di contrarsi in un ambiente adatto in virtù delle sue caratteristiche di fluidità e compattezza, e il gioco di tensioni che ne deriva mantiene il corpo eretto. Le ossa sono da considerarsi, più che pilastri di sostegno, come elementi rigidi che fungono da distanziatori in una struttura fluida.

Per capire meglio, possiamo immaginare una tenda canadese piantata in un campo: a un primo sguardo superficiale potrebbe sembrare sostenuta da pali interni, mentre, se ci pensiamo meglio, è il gioco di interazione tensionale tra pali, tessuto, elastici e picchetti che fa tutto il lavoro. Solo un corpo che presenta squilibri posturali diventa una struttura compressa, si regge cioè prevalentemente sulla compressione esercitata dai suoi elementi (ovvero le ossa e le parti irrigidite) l’uno sull’altro. Un corpo sano è più assimilabile a quella che viene definita una struttura tensointegra, ovvero una struttura la cui integrità è mantenuta dalla tensione tra le parti, mentre gli elementi rigidi hanno il compito di mantenere la distanza fra di esse. I limiti nell’applicabilità di questa teoria sono rappresentati dal fatto che la nostra struttura non è costituita da elementi separati e rigidi, ma plastici e fluidi.

Il connettivo ha perciò un’importante funzione strutturale, che riesce a esplicare grazie alla sua proteiforme capacità di adattamento alle esigenze dell’organismo, al punto che potremmo definire il sistema fasciale “organo della forma”. Quando però, un trauma colpisce una zona del corpo esso manifesta la tendenza a densificarsi, o per proteggere la parte da movimenti  dannosi o per compattarla, oppure per il processo di cicatrizzazione.

La densificazione impedisce un corretto movimento della parte stessa, e trasmette uno squilibrio tensionale a tutto il corpo, in virtù dell’interconnessione di tutti i piani fasciali. Per avere un’idea pratica e tangibile di quanto detto possiamo semplicemente ricordare che quando abbiamo distorto una caviglia o battuto un ginocchio, camminando malamente per un pò di tempo, il dolore e la rigidità si sono spostati nell’anca o nella schiena, se non addirittura nel braccio o nel polso controlaterale.

Ne derivano determinati modelli di disorganizzazione strutturale, cioè delle posture disarmoniche, rafforzate e modellate dalla continua lotta contro la forza di gravità.

Da questo possiamo dedurre un assioma basilare: qualsiasi impatto sull’organismo che crei una deviazione dal corretto allineamento con l’asse di gravità, si solidifica nel tessuto connettivo.

Tensointegrità, evoluzione umana e concetto Mézières

L’applicazione delle teorie dei sistemi complessi, delle strutture tensointegre e della biodinamica fasciale in terapia manuale e nel movimento consapevole sembra aver definitivamente superato e relegato nel dimenticatoio la biomeccanica Mézières e la teoria del biotipo di riferimento, ma un confronto reale, senza pregiudizi e non puramente speculativo e teorico ci permette di affermare che tali concetti non vanno né messi da parte né modificati ma semplicemente riletti ed aggiornati alla luce delle suddette teorie. Quest’operazione, compiuta con un atteggiamento mentale aperto, analogico ed inclusivo ci condurrà ben presto alle seguenti conclusioni:

  1. Il biotipo di riferimento non è, come sovente viene sostenuto dai detrattori del metodo, un modello teorico di perfezione frustrante ed irraggiungibile ma semplicemente un congruo modello tensointegro applicato alla struttura umana.
  2. Le metodiche Mèzières individuali e di gruppo sono un mezzo atto a sostenere l’evoluzione strutturale dell’individuo e della specie e a limitarne l’involuzione.

 

YOGA E METODICHE MEZIERES, PUNTI DI CONTATTO, DIFFERENZE E SINERGIE

 I punti di contatto tra la pratica dello Yoga e della ginnastica posturale secondo Mézières sono innumerevoli, ma non potrebbe essere diversamente, anche confrontando lo Yoga con qualunque tecnica corporea olistica, e sarebbe altrettanto facile elencare le differenze, anche se sicuramente prevalgono i punti di contatto, perciò focalizzeremo la nostra attenzione sulle sinergie che possono sopportare il praticante e l’insegnante di Yoga:

Parole chiave: fascia, compensi, tensointegrità, sistemi complessi, propriocezione, ascolto, respirazione, evoluzione.

Fascia
Il concetto fasciale, si è evoluto più di settant’anni fa, in particolare grazie alla dottoressa Ida Rolf la quale, durante le ricerche dalle quali è nato il suo metodo di integrazione strutturale, ha avuto la possibilità di studiare con il dottor W.G. Sutherland, padre dell’osteopatia craniosacrale. L’approccio fasciale sta diffondendosi sempre di più nelle scuole di osteopatia e posturologia sostituendo l’approccio biomeccanico con  il concetto di rete fasciale tridimensionale  e di corpo fluido; anche il mondo dello Yoga pur rimanendo fedele alle sue radici culturali e alla visione energetica, in maniera del tutto naturale sta progressivamente osservando se stesso anche da un punto di vista fasciale. La transizione delle metodiche Mézières dall’approccio biomeccanico a quello fasciale è stata progressiva e fisiologica; la conoscenza della metodica di gruppo può essere l’ideale anello di congiunzione che può permettere l’insegnante di Yoga di concretizzare nella pratica il concetto fasciale.

Compensi
Per compensi intendiamo quello che succede quando assumiamo una postura finalizzata all’allungamento muscolare generando un accorciamento più o meno occulto, solitamente in aree lontano dal nostro controllo/consapevolezza, con le possibili conseguenze citate all’inizio dell’articolo. Questo può verificarsi facilmente praticando esercizi di stretching, ma anche con le posture Yoga, se eseguite non correttamente. Il controllo e la gestione dei compensi è uno degli obiettivi principali della formazione.

Tensointegrità
Dal momento in cui viene interiorizzato dal praticante di qualunque disciplina corporea basata sull’ascolto del sé corporeo, il concetto di struttura tensointegra applicato alla struttura umana inizia ad armonizzare il controllo dei compensi, (concetto fondamentale ma tutto sommato lineare e bidimensionale per la mentalità di un praticante di discipline psicocorporee) con il concetto di rete fasciale e corpo fluido, un processo utile ed evolutivo tanto nella pratica della ginnastica posturale miofasciale quanto nella pratica dello Yoga.

Sistemi complessi
La teoria dei sistemi complessi ha sostituito anche nelle metodiche Mézières l’approccio cartesiano che vede il corpo umano, come un assieme di sistemi semplici il cui comportamento è matematicamente prevedibile. La realtà è sintetizzata dalle semplici basilari leggi dei sistemi complessi:

  1. Tutte le forze sono interdipendenti;
  2. La comprensione di un sistema complesso non passa dall’analisi di un sistema o dall’analisi di tutti i sistemi;
  3. Il sistema complesso può dare nuove soluzioni che non sono date dalla semplice sommatoria di tutte le forze agenti.

La millenaria disciplina dello yoga ha reso obsoleto il pensiero cartesiano prima ancora che questo venisse formulato, senza doversene occupare. Similmente allo Yoga il concept Mèzières e la visione fasciale sono ancora attualmente guardati con diffidenza da buona parte del mondo accademico medico come pure di quello salutistico/sportivo occidentale.

Propriocezione
La propriocezione è la capacità di riconoscere e percepire la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli senza il supporto visivo. La percezione interna dei nostri visceri invece viene invece chiamata interocezione, o per usare un termine che preferisco, propriocezione profonda. Pure questo principio è sempre stato applicato dei praticanti di Yoga senza avere la necessità di analizzarlo scientificamente. Nella pratica delle metodiche Mézières applicate al gruppo la propriocezione dei praticanti viene facilitata da parte dell’istruttore, che fornisce precise informazioni sui movimenti da eseguire e sulle strutture coinvolte, che il praticante adatterà a se stesso. Diversamente da quanto accade nella pratica dello Yoga l’insegnante assai raramente mostrerà posture od esercizi, con l’obiettivo di scoraggiare l’imitazione e incoraggiare lo sviluppo della propriocezione profonda.

Ascolto
Lo sviluppo della capacità di “ascoltarsi” accomuna le due discipline ed è in entrambi i casi un affinamento del processo di propriocezione e interocezione. In entrambe le discipline l’obiettivo è passare da un’attitudine mentale caratterizzata da analisi e giudizio a lasciare che la mente permei il corpo in ogni sua fibra, favorendo l’”embodiment”, ossia l’essere presenti nel proprio corpo, qui ed ora. L’evoluzione dell’ascolto dello Yoga è lo sviluppo della percezione dell’energia vitale internamente ed esternamente al proprio corpo. L’obiettivo, più terreno, nella pratica della ginnastica miofasciale secondo Mèzières è lo sviluppo della capacità di monitorare in ogni momento i cambiamenti strutturali e funzionali nel proprio corpo.

Respirazione
Le molteplici tecniche di respirazione peculiari delle diverse scuole di Yoga caratterizzano inconfondibilmente questa disciplina e la contraddistinguono qualunque altra forma di attività fisica, sia sportiva che fisioterapica. La pratica della ginnastica miofasciale è caratterizzata da un unico tipo di respirazione (espirazione profonda) che accompagna ogni esercizio ed ogni postura, il cui obiettivo principale è l’attivazione fisiologica della muscolatura addominale (non esercizi ginnici per il rinforzo degli addominali!) che permette così di acquisire il controllo costante dell’accorciamento primario (lordosi lombare) e di connettere costantemente il centro della nostra struttura tensointegra con la sua periferia, sia nell’attivazione dei singoli distretti corporei che nelle posture a campo chiuso (decompensate).

Evoluzione
Il cambiamento individuale mediante la pratica dello Yoga è una delle caratteristiche che sicuramente rende questa disciplina una scienza umanistica profondamente evolutiva fisicamente e spiritualmente. La pratica delle metodiche Mézières di gruppo (o Antiginnastica secondo T. Bertherat) che sovente definisco “fisiologia applicata”, poiché si basa sull’autovalutazione e l’autocorrezione degli atteggiamenti posturali scorretti generati da attitudini e traumi fisici, emotivi e stile di vita, è sicuramente, come già scritto in precedenza, un mezzo strutturalmente perfetto per sostenere l’evoluzione fisica dell’individuo e per limitarne l’involuzione.

Concludendo:
I paragrafi sulle basi del metodo Mézières, sulla fascia e sul concetto Tensointegro sono stati tratti dai manuali del corso di formazione in Ginnastica Posturale Miofasciale; quello dedicato a punti di contatto, differenze e sinergie tra lo Yoga e il metodo Mézières applicato al gruppo è basato soprattutto sulla mia lunga pratica con il suddetto metodo (dal 1995), poco sulla mia scarsa pratica Yoga, ma abbastanza sulla mia esperienza di insegnante che ha avuto il piacere di introdurre alla conoscenza delle metodiche Mézières alcuni piccoli gruppi di insegnanti di Yoga.

Gianni Core, Responsabile Didattico di CoreSomatica Scuola Italiana di Bodywork Fasciale